COME IMPARARE A MANGIARE BENE
Mi è capitato spesso con il mio lavoro, di imbattermi in persone che non hanno ancora sviluppato un senso del cibo ‘sano’ e ‘buono’ ma che fanno, a mio parere, il primo passo giusto… ovvero, cercare di conoscere il cibo.
In questo periodo storico, dove la quantità di cibi che ci viene messa a disposizione è davvero tanta, diventa importantissimo saper scegliere, sia per la nostra salute sia per il nostro gusto (da cui il cibo non è mai dissociato e che trasforma in piacere il sostentamento quotidiano).
Siamo sommersi da proposte di cibo lavorato e confezionato, diventato molto popolare grazie al fatto di essere pratico, molto saporito e anche economico.
Conoscere anche in minima parte le caratteristiche di questi preparati industriali, che rispondono a logiche di profitto e non di salute, fa già aprire gli occhi e porta a compiere delle scelte diverse. (Si può incominciare leggendo le etichette, che hanno obbligo di completezza e veridicità).
Parliamo ad esempio di hamburgher già pronti, bastoncini impanati e aromatizzati, zuppe pronte che scadono fra due mesi, sottilette, formaggini, formaggio cheddar derivati dalla fusione delle rimanenze dei formaggi, verdure precotte e conservate, snack vari, dolci industriali e chi più ne ha più ne metta…anche quelli con pubblicità che puntano al salutistico, vantando virtù benefiche inesistenti, incominciando a informarsi sul cibo e su come viene propinato, ci permetterà di sviluppare un autonomo senso critico, che ci libererà dalle sirene commerciali.
L’assunzione di questo tipo di cibi i cui contenuti in grassi trans sono enormi (bastoncini di pesce, cordon bleu, pollo impanato, patatine fritte) rovinano le membrane cellulari di tutto il nostro corpo, che ci manda segnali di pesantezza e affaticamento fisico e mentale, un basso tono dell’umore con stati di insoddisfazione. Questi stati mentali-emotivi non di rado ricercano un conforto proprio nel consumo di tali cibi. Si crea così un circolo vizioso da cui sembra impossibile poter uscire. Bhè…la bella notizia è che non è così, ma a volte, l’assuefazione è talmente radicata che il cibo non trattato o allo stato naturale ci sembra insulso e insapore.
Ed è qui che il gusto (in concomitanza con l’olfatto) diventa lo strumento principe per il riconoscimento del cibo buono e sano. Rieducare la sensorialità diventa un importante passo per riconoscere la qualità. “Intendo dire che la sensorialità è una capacità che va allenata, educata.
L’universo sensoriale dell’uomo di questi tempi è svilito come non mai: gli aromi chimici confondono, atrofizzano i sensi alzando continuamente la soglie della nostra percezione e bombardandoci con gusti e aromi che non esistono in natura”. Questo lo scrive C. Petrini nel suo libro ‘buono, pulito e giusto’ ed è un pensiero con cui personalmente sono perfettamente allineata, dato che è anche la mia esperienza.
I cibi più sani sono perciò quelli più genuini, più semplici, meno lavorati e sofisticati, ricchi in nutrienti ed energia vitale, come i cereali integrali, frutta e verdure fresche di stagione, e tutte le fonti di proteine e di grassi sani.
Sviluppare dunque una sorta di conoscenza del cibo, nei suoi aspetti intrinseci ed estrinseci, ci porterà inevitabilmente a scegliere-mangiare del cibo più adatto a noi, diventando un sincero e potente alleato della nostra salute e della nostra vitalità.
Flavia Lenarduzzi, insegnante cuoca e tecnico gastronomico