Tendinopatie cosa sono e come trattarle

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Come sappiamo i tendini sono le strutture poste alle estremità dei muscoli che permettono la loro inserzione a ossa e altri tessuti.

Il termine “tendinopatia” descrive una condizione clinica dolorosa di un tendine, che si accompagna ad un’alterata funzione (come la limitazione delle attività quotidiane o di quelle sportive).

Le più comuni tendinopatie sono quelle della spalla, del gomito, del quadricipite, del tendine d’Achille, dei muscoli adduttori della coscia, del medio e piccolo gluteo, dei flessori di ginocchio.

E’ bene sottolineare che fra le cause principali di insorgenza di una tendinopatia non vi è solo il sovraccarico – dunque un’eccessiva sollecitazione muscolare e tendinea – ma anche lo “stress shielded”, ovvero lo scarico prolungato nel tempo, che può verificarsi ad esempio in seguito ad un infortunio o dovuto alla scarsa sollecitazione tipica dei soggetti sedentari.

Il medico fisiatra, l’ortopedico o il fisioterapista definisce se si tratta di tendinopatia o meno, basandosi sulla valutazione clinica e sulla storia anamnestica. La risonanza magnetica e l’ecografia possono fornire ulteriori elementi per definire lo stadio della tendinopatia o per predire la possibilità che si sviluppi, ma anche per rinforzare la diagnosi differenziale. Esistono infatti quadri che possono mimare una tendinopatia, come l’infiammazione della guaina connettivale che avvolge il tendine, l’infiammazione delle borse sinoviali o le entesoartriti sieronegative, per cui la gestione andrà adeguata e/o integrata.

La convinzione comune che alla base di una tendinopatia vi sia principalmente un’infiammazione non è ad oggi supportata dalla ricerca. L’esatta relazione fra disfunzione, modifiche del tessuto tendineo e dolore non è stata ancora identificata, ma basandosi sull’osservazione istologica si è esclusa l’influenza preponderante dell’infiammazione.

Quello che si è visto dagli studi in vitro è che le forze di trazione e di compressione che agiscono sul tendine, quando superano la sua capacità di carico, determinano una modificazione della sua matrice cellulare, ossia dell’ambiente in cui sono “immerse” le cellule del tendine. In particolare vi è una rapida e massiva produzione di proteine che hanno la caratteristica di legarsi – e dunque richiamare – acqua (proteoglicani e glicoproteine). Ciò determina un lieve ispessimento del tendine che gli permette di sopportare maggiormente il carico. Se la sollecitazione viene perpetuata, il tendine va poi incontro a un’ulteriore disorganizzazione della matrice fino a determinare aree di morte cellulare (apoptosi). Fortunatamente non tutto il tessuto tendineo va incontro a degenerazione e si è visto da studi supportati da Risonanza Magnetica che un’adeguata regolazione del carico sul tendine permette il ripristino delle condizioni iniziali.

Il riposo completo riduce certamente il dolore, ma è controindicato anche nelle prime fasi in quanto riduce la forza muscolare e le proprietà meccaniche del tendine, incrementando le probabilità di recidiva.

Un recente studio di Rio del 2016 suggerisce come le tendinopatie siano influenzate non solo da stimoli periferici ma anche da alterati meccanismi corticospinali. Infatti, in relazione all’aumento o alla riduzione del carico, sembrerebbe esserci un’alterazione delle vie inibitrici ed eccitatrici dei muscoli e tendinee attorno all’area dolorosa.

Alla luce di tutto ciò pare più chiaro come ricorrere ad antinfiammatori o ad infiltrazioni cortisoniche possano non essere strategie sufficienti a trattare efficacemente il problema.

Ad oggi il trattamento con la maggiore evidenza, e con minori effetti collaterali, risulta la riabilitazione basata sul ricondizionamento progressivo al carico del tendine.

Si sono dimostrati efficaci programmi di ricondizionamento che utilizzano, in relazione allo stadio della tendinopatia, contrazioni isometriche per ridurre il dolore, poi isotoniche e/o “heavy slow resistance”, per poi passare all’incremento di forza e velocità, fino all’eventuale allenamento sport specifico. Si è visto che un intervento ottimale include un lavoro su tutta la catena cinetica e se necessario il rinforzo del core.

Importante è inoltre che la persona con tendinopatia sia consapevole delle condizioni e delle possibilità di recupero del proprio tendine, che sappia gestire il problema, anche modificando eventuali fattori di rischio intrinseci ed estrinseci (calzature, abitudini errate, superfici di allenamento ecc.) che possono aver favorito il problema.

Se desideri una consulenza rispetto a questo tema puoi contattare ladott.ssa Monica Marello, fisioterapista OMPT al num. 340 3481481.

Riferimenti:

  • Cardoso TB et al., Current trends in tendinopathy management, Best Practice &
  • Research Clinical Rheumatology, 2019;
  • Cook JL, Rio E, Purdam CR, et al., Revisiting the continuum model of tendon pathology: what is its merit in clinical practice and research?, Br J Sports Med 2016;
  • K McCreesh and J Lewis, Continuum model of tendon pathology – where are we now?, Int. J. Exp. Path., 2013;
  • J L Cook, C R Purdam, Is tendon pathology a continuum? A pathology model to explain the clinical presentation of load-induced tendinopathy, Br J Sports Med, 2009;
  • Appunti del Master in Terapia Manuale, docente Scariato A., Parazza S.

Foto di NEOM su Unsplash

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