Attacco di Panico

Cos’è un Attacco di Panico?

Un Attacco di Panico è un evento, della durata di circa dieci minuti, in cui la persona sperimenta una serie di sintomi (almeno quattro devono verificarsi contemporaneamente) molto spiacevoli di natura fisica, emotiva e cognitiva.
I principali sintomi fisici possono essere tachicardia, dolore o peso sul petto, sensazione di soffocamento, respiro accelerato, testa leggera, sensazione di perdere l’equilibrio, cadere o svenire, vampate di calore o brividi, diarrea, nausea o dolore allo stomaco. Altri sintomi meno frequenti e conosciuti sono la sensazione che l’intensità della luce, dei colori o dei suoni sia diversa (ad, esempio più o meno accentuata) o che il tempo sia rallentato o dilatato; oppure il percepire formicolii o rigidità anche estrema in alcune parti del corpo, come gli arti.
Durante un attacco di panico si possono anche sperimentare sintomi dissociativi transitori, quali la sensazione che la realtà intorno a sé sia strana, ovattata, distante o non familiare (derealizzazione) o la sensazione di essere distaccato o al di fuori del proprio corpo (depersonalizzazione).
In ogni caso, l’emozione principale che accompagna questi sintomi è una fortissima paura: di aver perso il controllo del proprio corpo e/o della propria mente, talvolta addirittura di poter morire (ad esempio, è tipico pensare di avere un infarto se i sintomi sono prevalentemente cardiovascolari oppure pensare di poter morire per soffocamento se i sintomi sono respiratori o di stare impazzendo se sperimentiamo sintomi dissociativi).
Tutti questi sintomi, in realtà, sono innocui, sebbene molto spaventosi per chi li vive. Il panico, di per sé, è una reazione dell’organismo di fronte alla percezione di una minaccia: il segnale parte dall’amigdala, la parte del nostro cervello più antica deputata a gestire il pericolo; poi, a cascata, il nostro corpo reagisce con una serie di cambiamenti che, in origine, servivano a mettersi in salvo da un pericolo concreto: in sostanza, il nostro corpo si prepara ad “attaccare o a fuggire” (o in casi più rari, a “fingersi morto” per evitare di essere visto… o mangiato!). Ad esempio, la reazione di attacco/fuga, mediata dall’attivazione del sistema simpatico, fa sì che il cuore batta più forte per pompare più sangue, il respiro si faccia affannoso perché è necessario avere più ossigeno in circolo…e così via. Tutti i sintomi del panico hanno una spiegazione!

Cos’è il Disturbo di Panico?

Sebbene il panico sia un fenomeno di per sé “transdiagnostico” (ovvero può essere la conseguenza di- o presentarsi assieme a- un altro disturbo), si parla di Disturbo di Panico quando, dopo uno o più Attacchi di Panico, la persona inizia ad essere persistentemente preoccupata (per un tempo di almeno un mese) riguardo alla possibilità di incorrere in altri attacchi di panico e/o all’andare incontro a conseguenze negative a causa degli attacchi di panico. Spesso la persona con questo disturbo inizia, infatti, a modificare i propri comportamenti quotidiani evitando alcune situazioni o luoghi dove teme che il panico possa ripresentarsi. Ad esempio, se l’attacco di panico si è sviluppato mentre era in macchina, potrebbe smettere di guidare, o comunque evitare di trovarsi da solo in macchina in strade dove non è possibile fermarsi facilmente…oppure potrebbe iniziare a temere i luoghi molto affollati o da cui è difficile allontanarsi velocemente in caso di bisogno…o smettere di fare sport, perché le sensazioni provate durante uno sforzo fisico “somigliano” un po’ troppo a quelle provate durante un attacco di panico…
Un altro meccanismo, altrettanto frequente, è l’acuirsi del bisogno di controllo: la persona potrebbe ad esempio effettuare ripetuti “check” sulla funzionalità del proprio corpo (es., misurarsi spesso la pressione, contare i battiti del cuore per vedere se “va tutto bene”, controllare di respirare bene e abbastanza profondamente…) nel tentativo (errato) di prevenire che la brutta esperienza del panico si ripeta.
Questi meccanismi, in realtà, sono disfunzionali! Infatti, a causa del fenomeno chiamato “amplificazione somatosensoriale”, più noi facciamo caso ad una sensazione fisica e più “la sentiamo” (e se non riconosciamo le nostre sensazioni fisiche come innocue, ma anzi le “etichettiamo” come pericolose, rischiamo di allarmarci e “dare il via” al panico!) Inoltre, l’evitamento mantiene l’idea che certe situazioni siano pericolose e che sia meglio non affrontarle… In poche parole, la persona inizia ad aver paura di avere paura e spesso “si blocca”. “Non ce la faccio” diventa un pensiero frequente. Si può smettere di andare al ristorante, al cinema, di guidare, di uscire da soli, di stare lontani da casa…Se non trattato, il Disturbo di Panico può essere molto invalidante, perché la “zona di comfort” della persona, ovvero le situazioni e le attività in cui ci sentiamo bene e al sicuro, tende sempre più a ridursi, condizionata da questa “paura della paura”. Fortunatamente, dal disturbo di panico si può uscire!
Uno dei trattamenti per il panico da un punto di vista psicologico è la psicoterapia cognitivo-comportamentale, che mira a:
– Rendere consapevole la persona riguardo a come funziona il panico;
– Fornire strategie pratiche per prevenire l’insorgenza degli attacchi di panico e per affrontarli nel caso si ripresentino;
– Ristrutturare i pensieri negativi e catastrofici che spesso precedono, accompagnano e seguono un attacco di panico;
– Normalizzare le sensazioni fisiche percepite come “pericolose”, riducendo i fenomeni dell’amplificazione somatosensoriale e della sensibilità all’ansia (tendenza a percepire intensamente le sensazioni fisiche e le emozioni, preoccupandosene ed etichettandole come pericolose e poco tollerabili).
– Rompere il ciclo disfunzionale dell’evitamento e del controllo, aiutando la persona a ritrovare la propria quotidianità e talvolta ampliando la possibilità di esplorare situazioni nuovo o incerte;
– Lavorare sulle aree di vulnerabilità della persona, esplorando eventuali situazioni di stress, caratteristiche personali o schemi cognitivi che possono aver contribuito all’insorgenza del disturbo.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale lavora sui pensieri e sui comportamenti per modificare le emozioni negative: rendendo i pensieri più oggettivi e meno catastrofici aiuta la persona a mettersi gradualmente alla prova in modo concreto, rinforzando così la sensazione di avere le risorse per fronteggiare la paura stessa, coltivando giorno dopo giorno l’idea che “qualunque cosa accada, io ce la posso fare!”.

Dr.ssa Giulia Aldi, Psicologa Psicoterapeuta

Leave a comment

Trattamenti
Ogni persona viene accolta e compresa nella sua globalità al fine di individuare l’approccio più adatto.
Lo staff
Personale professionale e altamente specializzato in vari settori a Udine.
igea-foglie

© 2024 IGEA S.R.L.S. Studio Integrato di Salute e Benessere – P.Iva 02907740308 – PrivacyCookieCredits