Emotività e difficoltà nel processo di apprendimento

L’emotività rappresenta un aspetto intrinseco al processo di apprendimento, il quale spesso, negli attuali contesti scolastici, viene limitatamente inteso come un’attività strettamente logica-razionale. Questa errata interpretazione di ciò che significa apprendere porta quindi a una scissione tra la sfera cognitiva e quella affettiva-emotiva.

Gli elementi emotivi che si manifestano mentre si impara qualcosa vanno accolti e accettati perché ci sia uno sviluppo psichico e mentale nello studente. Non è negandoli o in maniera difensiva proiettandoli al di fuori di sé che avviene la crescita (Blandino, Granieri, 1995) ed è l’insegnante ad avere il compito di agevolare questa tappa del percorso di crescita, bonificando lo spazio adibito all’accogliere nuove conoscenze.

Le esperienze interne dolorose che più spesso si presentano quando si impara qualcosa di nuovo sono l’invidia, l’odio, la rabbia, la frustrazione, il disagio, l’ansia, l’angoscia, il panico, sensazioni di confusione, di inadeguatezza, di mancanza (Blandino, Granieri, 1995).  Quando si mettono in atto comportamenti di evitamento nei confronti di queste esperienze psichiche distruttive negandole, rifiutandole, gettandole fuori di sé, si vanno ad occultare anche altri sentimenti più funzionali come la curiosità, l’amore, il desiderio di acquisire nuove conoscenze, il benessere, il sentirsi competenti ed adeguati. Riuscire a sopportare ed elaborare la sofferenza permette a queste emozioni costruttive di trovare il loro spazio e manifestarsi.

Se i bisogni emotivi non vengono soddisfatti, l’esperienza dell’apprendimento diventa un evento eccessivamente frustrante e insopportabile, tanto da oscurare nel bambino le sue capacità ricettive, colmando quello spazio necessario ad acquisire nuove conoscenze. Questa condizione si manifesta con il rifiuto per svolgimento dei compiti, perdita di interesse nelle lezioni, allontanamento da tutto ciò che richiede un impegno scolastico. I sentimenti prevalenti sono quindi di odio, sfiducia, rabbia, confusione e vengono messi in atto comportamenti difensivi che hanno lo scopo di allontanare da sé i vissuti dolorosi o percepiti come pericolosi. I comportamenti aggressivi o di apparente pigrizia non sono altro che tentativi di gestione del disagio e della frustrazione interna.

Allontanando da sé la sofferenza, inconsapevolmente il bambino nega a sé stesso la possibilità di apprendere e si deresponsabilizza dai sentimenti dolorosi. Ed è proprio questo rifiuto dell’apprendimento che consente di non dover vedere e riconoscere gli aspetti interni più fragili, poiché spaventano e provocano insicurezza (Blandino, Granieri, 1995). In questo modo, la relazione tra allievo e insegnante viene ostacolata, si irrigidisce, e anche l’adulto viene spaventato dagli elementi psichici insostenibili e vissuti come persecutori che il bambino trasmette.

I contenuti dolorosi non sopportati sono privi di pensiero, non sono pensati, e questo provoca l’aspetto disfunzionale della relazione e distruttivo del processo di apprendimento (Meltzer, Harris, 1983). Se invece il docente rielabora questi contenuti e li riconsegna in forma bonificata, nell’alunno riaffiorano sentimenti costruttivi e di fiducia.

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