Succede spesso così: la vita è bella, spensierata. Poi un giorno ti svegli, e senti che qualcosa non quadra. Un dolorino in più magari, quel velo di stanchezza che non se ne va dormendo. E non è l’età che avanza, non è lo sforzo fisico fatto da cui dobbiamo ancora riprenderci. Però è qualcosa di piccolo, che può essere ignorato, con l’idea che così come è comparso, se ne andrà. Il problema è… che non passa. I giorni scorrono, la stanchezza rimane, e noi non ne troviamo il motivo, sbattendo contro un muro di gomma che improvvisamente si è creato fra noi e la nostra vita.
“Malattia silenziosa”. Questa è indubbiamente la definizione più accurata che possiamo dare alla fibromialgia. La fibromialgia è infatti una patologia subdola: c’è, e si fa sentire (come ben sanno le persone che ne soffrono), pur tuttavia rimanendo molto difficile da diagnosticare.
I sintomi – che includono dolori osteomuscolari cronici di intensità variabile, tono dell’umore altalenante fino alla vera e propria depressione, rigidità, affaticamento, difficoltà a dormire – variano in modo importante a seconda della persona.
Un’unica cosa accomuna tutti coloro che ne soffrono: l’assenza di chiari segni e alterazioni, determinabili tramite esami strumentali o analisi del sangue. Biochimicamente il malato di fibromialgia è sano come un pesce, laddove non si sovrappongano altre patologie a rendere più complesso il quadro clinico, tanto che la diagnosi di fibromialgia in gergo tecnico è una “diagnosi di esclusione”. Ciò significa che prima di tutto, nel percorso di diagnosi, è importante capire se i sintomi presentati siano da imputare a condizioni di altra natura: l’assenza di qualsivoglia alterazione è in questo senso un chiaro segnale della possibile presenza di fibromialgia. Ciò è indubbiamente molto frustrante per il malato, che si scontra ripetutamente con analisi ed esami perfettamente normali, quando invece il dolore c’è, la stanchezza è invalidante e la vita diventa molto più complessa da affrontare, giorno dopo giorno. Non possiamo poi dimenticare l’innegabile tristezza che può nascere quando lo specialista di riferimento, a cui ci si rivolge per cercare aiuto, storce il naso anche solo all’idea della fibromialgia, che diventa quindi una “malattia invisibile” anche per questo. Non c’è niente di peggio che soffrire e sentirsi “invisibili” di fronte agli occhi di chi dovrebbe invece provare a curarci, nel corpo e nell’anima. Nel mio percorso di studi, quando ancora mi trovavo all’università, posso dire con certezza che le volte in cui ho sentito parlare di fibromialgia da parte dei miei docenti si contano sulle dita di una mano, spesso inserita per comodità in quel grande calderone di “malattia psicosomatica”, anche a causa della poca evidenza scientifica che all’epoca era disponibile riguardo a questa patologia. Ma la fibromialgia, che piaccia o meno, esiste, e colpisce una buona fetta della popolazione, sfiorando i 2 milioni di persone in Italia. Le terapie sono, al momento, scarse e per lo più volte a controllare i sintomi, non esistendo una vera e propria cura per far scomparire questa malattia. Dopo aver elencato tutte queste fastidiose informazioni però, voglio dirvi che la fibromialgia ha anche un lato positivo: non si tratta di una malattia degenerativa. Questo significa che, per quanto sia cronica, difficilmente andrà peggiorando con il passare degli anni, al contrario di numerose altre patologie reumatologiche considerabili sue parenti. La fibromialgia è una compagna di vita invadente, scomoda, pesante: è quella patologia che ti fa dire “ecco, ci mancava anche questo!” ed è molto facile farsi prendere dallo sconforto pensando a lei. Per questo è importante imparare a gestirla in modo consapevole: è meglio prenderla per mano, camminarci assieme, che continuare a fuggire da lei. In questo modo riusciremo a domarla, evitando che ci crei più disagio di quanto dovrebbe.
Cosa possiamo dunque fare per calmare i sintomi e tenerli sotto controllo? Dobbiamo prima di tutto imparare a volerci bene. Lo so, può sembrare una frase di circostanza, ma vi posso assicurare che questo è il pensiero che sta alla base della corretta gestione della fibromialgia. La fibromialgia è “psicosomatica” nel senso che la psiche ha un notevole impatto sul corpo e sull’andamento dei suoi sintomi. Cosa vuol dire quindi “volersi bene”? Vuol dire acquisire uno stile di vita adatto alla propria condizione. Vuol dire capire le proprie potenzialità, che continuano ad esistere ed essere brillanti, ma accettare anche i propri limiti. Vuol dire imparare a reclamare degli spazi per se stessi, nel corpo e nella mente. Dobbiamo quindi sforzarci nel riprogrammare la nostra vita, nel capirci un po’ di più e nel far capire agli altri le nostre necessità.
Vorrei ora però darvi dei suggerimenti che siano un po’ più pratici e che possano aiutarvi a intraprendere un percorso di cambiamento nel caso soffriste di fibromialgia.
L’importanza di una routine. La vita al giorno d’oggi è spesso sregolata, che lo si voglia o meno. Non sempre per colpa nostra, ci troviamo a essere sempre di corsa, a stare dietro a una notevole quantità di commissioni e di pensieri. La stanchezza cronica e l’offuscamento mentale dati dalla fibromialgia sono un bel problema, nella vita frenetica dell’epoca moderna. Ma se invece fosse l’eccessiva frenesia il vero problema? E’ molto importante, per chi soffre di fibromialgia, organizzare le proprie giornate secondo una tabella di marcia che, per quanto elastica, ci permetta di mantenere una piccola routine. Per esempio, al mattino, potremmo puntare la sveglia in modo da avere un po’ di tempo per risvegliarci con il giusto ritmo, senza saltare giù dal letto vestendoci ancora con gli occhi chiusi. Altresì potremmo individuare gli orari entro cui effettuare i pasti della giornata, in modo che siano regolari (e soprattutto che ci siano!). L’ora del pranzo non sarà più quindi solo un momento in cui nutrirci, ma anche uno spazio di rilassamento e decompressione. Infine, l’orario di lavoro deve avere una fine. Lo so, questo può apparire molto difficile, specialmente in certi settori, quando le scadenze incombono e le richieste fioccano. Tuttavia è importante individuare un momento preciso della giornata dopo il quale il “dovere” inizia a essere rivolto verso se stessi, e non verso gli altri. Potremmo dire che si tratta di ritrovare un po’ di “sano egoismo” che ci permetta di rimetterci al centro della nostra vita: non perché non amiamo gli altri, ma perché stare bene e sentirsi in equilibrio con noi stessi ci permette di relazionarci meglio con il mondo che ci sta attorno. Un discorso a parte merita di essere fatto per l’alimentazione: anch’essa infatti è un pilastro fondamentale per aiutarci a tenere a bada la fibromialgia, partendo dalla regolarità degli orari in cui mangiamo, fino alla corretta scelta degli alimenti, che devono essere scelti per limitare al massimo l’infiammazione già attiva in un corpo che soffre di fibromialgia. Un confronto con lo specialista potrebbe essere utile a capire l’eventuale utilità di regimi dietetici particolari, come la dieta chetogenica, che si sono dimostrati molto utili nel migliorare la qualità di vita dei pazienti fibromialgici.
Il respiro, il movimento e la meditazione. Il dolore cronico della fibromialgia è un chiodo fisso: è l’elefante nella stanza, che non puoi ignorare. Ed è reale, eccome se lo è! Ben sappiamo poi come sia difficile controllarlo con farmaci e medicine, che finiscono per fare poco o niente, se non peggio. Il dolore ci rallenta, ci affatica ulteriormente, ci mette di cattivo umore: quante volte abbiamo pregato per farlo scomparire? Non è semplice accettare questa condizione da paziente, così come non è facile spiegare, da professionista, che l’unica cosa da fare è imparare a gestire il dolore attraverso vie alternative a quelle degli antidolorifici. Ognuno di noi trova metodi differenti: per questo il fondamentale punto di partenza è iniziare ad ascoltare il proprio corpo, a capire i segnali che ci invia. Uno dei metodi più utili per la gran parte dei pazienti può essere la meditazione, associata a tecniche di respirazione che aiutino a rilassare la muscolatura e aiutino la mente a “sviarsi” dal pensiero del dolore. La meditazione è un utilissimo strumento al risveglio, per prendere coscienza del nuovo giorno che inizia, così come lo è alla sera, aiutandoci a creare il setting ideale per poter migliorare la qualità del sonno. Controllare il respiro ci può aiutare quando il dolore diventa molto forte, o quando l’umore non ci permette di poter avere la tranquillità che meritiamo: ansia, depressione, rabbia sono tutte emozioni che possono essere ammorbidite tramite una respirazione corretta. Entrambe queste tecniche, per quanto siano in fondo intuitive, devono però essere acquisite tramite l’aiuto di professionisti correttamente formati. Un buon modo quindi per ritrovare i nostri spazi (ricollegandoci a quanto detto sopra) potrebbe essere quello di iscriversi a un corso di yoga, di respirazione o di tecniche meditative, imparando così le basi da poter poi applicare ogniqualvolta se ne senta la necessità, in casa o sul lavoro. Non dobbiamo poi sottovalutare l’importanza del movimento: fare attività fisica regolare può essere di grande giovamento alla fibromialgia, specialmente se ci impegniamo in un’attività che ci coinvolga. Lo sport è infatti, in fondo, una specie di meditazione. So bene che l’idea di affaticarsi ulteriormente può creare diffidenza: tuttavia non dimentichiamo che il muscolo, meno si muove, più diventa debole, acuendo la stanchezza e spesso anche gli stessi dolori. Lo sport inoltre libera endorfine, che migliorano il tono dell’umore. I muscoli, muovendosi, fanno circolare il sangue e la linfa del nostro organismo, aiutandoci a “ripulire” l’organismo dall’interno. Capiamo quindi come il movimento, fatto in modo regolare, come impegno per la propria salute, diventi una vera e propria medicina. D’altronde, se prendiamo una pillola a un orario prestabilito, perché non dovremmo trattare l’attività fisica allo stesso modo?
L’equilibrio e il rispetto di sé. Potrei elencarvi molte, moltissime altre strategie tramite cui affrontare la fibromialgia, ma come anticipato ognuno deve in fondo trovare ciò che è meglio per sé. Non è detto che quanto funzioni per il mio vicino, funzioni ugualmente per me. Il viaggio per comprendere cosa ci fa stare bene richiede impegno e pazienza, ma il fine ultimo di certo giustifica il tempo impiegato. Senza dimenticare che nel corso della vita le strategie da utilizzare potrebbero cambiare, quindi non spaventatevi se un meccanismo che fino a qualche mese fa sembrava funzionare ora sembra aver perso di efficacia. Il corpo cambia, si evolve giorno dopo giorno, così anche noi dobbiamo imparare a osservarci, ad ascoltarci, a crescere e, perché no, ad avere pazienza. Ricordiamoci sempre che non c’è niente di male a volersi bene. Anche solo dedicare a noi stessi una parola buona o un pensiero positivo, può cambiare radicalmente il corso di una giornata. Recuperare i nostri spazi e il nostro equilibrio è il primo gesto d’amore che dovremmo dedicare a noi stessi, non soltanto quando soffriamo di una patologia invalidante.
È bene infine non dimenticare che comunque l’aiuto di uno specialista può essere sempre utile; il fai da te potrebbe non portare a grandi risultati, e l’internet può condurci a delle risposte ma anche a molta confusione. La medicina è in perpetua evoluzione e soprattutto di fronte a un argomento ancora molto fumoso come la fibromialgia, il confronto medico-paziente giova a entrambe le parti. Personalmente ho imparato sempre molto dai miei pazienti affetti da fibromialgia, e le conversazioni più belle e spontanee sono avvenute scambiandoci consigli ed esperienze su come convivere con questa patologia, imparando a camminare con lei fianco a fianco. Perché accettando la fibromialgia, in fondo, accettiamo anche un po’ di più noi stessi.
D.ssa Giulia Aurora Mari, medico specialista in Scienza dell’Alimentazione